giovedì 1 giugno 2006

Sergio Agnoli, record di ferro


Soprannominato il "keniano bianco" per il suo stile di corsa che ricorda quello dei corridori africani. Alla Roma-Ostia ha stabilito la nuova migliore prestazione mondiale over 80. Tra un mese parte per gli europei di Poznan. Per tentare qualche nuova impresa.

Alla mezza maratona Roma-Ostia ha stabilito la miglior prestazione mondiale over 80 (1:42'24"). Ha poi tentato di siglare un nuovo record alla maratona di Roma ma il tenace romano, di origine cadorine, è stato costretto al ritiro per problemi muscolari. Ci riproverà a luglio, in occasione degli Europei master di Poznan. Sergio Agnoli è soprannominato il “keniano bianco” e, tra il popolo dei runner, è senza dubbio uno dei rappresentanti più ammirati del mondo master.

Quando ha iniziato a correre?
«A 58 anni, quando andai in pensione. Mi resi conto di aver difficoltà anche ad allacciarmi le scarpe e pensai di correre ai ripari iniziando a praticare uno sport. La corsa fu la scelta più facile, anche se la mia prima gara fu un vero disastro: arrivai ultimo.»
Eppure, due anni dopo debuttò nella maratona con un tempo di tutto rispetto per un sessantenne: 3:19’.
«È vero. Mi preparai seguendo alcune delle tabelle redatte da Luciano Gigliotti e pubblicate proprio su Correre. L’anno successivo corsi in meno di tre ore (2:58’02”,nda).»
Ora ha un allenatore?
«No, però mi segue con i suoi consigli Orlando Pizzolato. È stato lui ad affibbiarmi il soprannome “keniano bianco”, per il mio stile di corsa che a suo avviso è simile a quello dei corridori africani.»
Quante volte si allena?
«Arrivo a 5-6 sedute alla settimana, ma solo durante la preparazione di una maratona.»
Non è un carico un po’ esagerato alla sua età?
«È una domanda che mi pongono di frequente. In realtà non faccio fatica, anche perché alterno sempre allenamenti impegnativi ad altri più leggeri.»
In vent’anni di attività master ha conquistato 7 titoli mondiali, 9 europei e 21 italiani. Qual è stato il risultato più prestigioso?
«I quattro titoli mondiali conquistati a Brisbane nel 2001. In poco più di una settimana vinsi la corsa campestre, i 5.000, i 10.000 e la maratona. Questo risultato mi permise di essere insignito, con mia grandissima gioia, del titolo di Cavaliere dell’Ordine “al Merito della Repubblica Italiana”.»
E quello più emozionante?
«Quando vinsi la maratona agli Europei master di Kristiansand, nel 1992. Mi diedero una grande bandiera tricolore, con tanto di asta, per il giro di pista. Fu molto emozionante anche se, un po’ per la stanchezza, un po’ per il forte vento, completai il giro con la bandiera arrotolata sotto il braccio.»
Cosa ha ricevuto dall’esperienza sportiva?
«È stato uno stimolo per rendere la mia vita meno noiosa, dopo essere andato in pensione. Poi mi ha permesso di conoscere molte persone e di stringere nuove amicizie in tutto il mondo.»
Cosa vorrebbe trasmettere ai giovani?
«Mi piacerebbe poter essere un esempio, far capire loro che una vita regolare, senza fumo, senza eccessi, può aiutare ad affrontare meglio anche la terza età.»
Come tiene sotto controllo la sua salute?
«Sono seguito con visite semestrali dal professor Paolo Zeppilli, primario al Policlinico Gemelli. Lui mi consiglia sempre di non esagerare, di non farmi prendere da quella che definisce “Sindrome di Highlander”. Penso, con il mio ritiro alla maratona di Roma, di avergli dimostrato di saper essere anche prudente. Però non potrei rinunciare facilmente a questa mia grandissima passione, anche se credo di essere pienamente consapevole che a ottant’anni tutto possa succedere. Spesso lo faccio sorridere con la mia battuta preferita: a una certa età non è forse migliore una morte in una corsia di una pista che non in una corsia d’ospedale?»
I suoi familiari cosa pensano della sua attività sportiva?
«Sono molto fortunato perché ho il completo sostegno di mia moglie, Luisa, che mi segue in tutte le gare e mi è molto vicina, e di mio figlio Paolo, un maratoneta di buon livello della categoria M50, con cui condivido pienamente la passione per la corsa.»
Si ritiene una persona ottimista?
«Senza dubbio, penso si debba sempre avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita. C’è un aneddoto che amo raccontare: lo scorso anno, durante gli Europei master su strada a Villareal, conobbi un tedesco di 92 anni. Mi raccontò sconsolato che al 18° km della mezza maratona, nonostante si sentisse bene, era scivolato a terra al rifornimento. Un giudice, a quel punto, gli aveva tolto il pettorale. “Se stavi bene, come mai non sei ripartito? Avevi ancora il microchip sulla scarpa”, gli chiesi incuriosito. “In realtà ci ho pensato... ma se poi mi avessero squalificato a vita?” Questa fu la risposta del mio nuovo
amico.»

Articolo pubblicato su Correre nel mese di giugno 2006